
Gli insuperabili – Bonus Track
Un podcast prodotto dal consorzio Parsifal
Semplicemente perché perché parlo con loro, racconto, mi faccio raccontare e li faccio aprire. Ecco, ora mi viene in mente una signora di Formello che mi tiene anche 10 minuti, un quarto d'ora, perché aspetta questa chiamata del giovedì con particolare piacere. Loro mi dicono che sono la persona giusta nel posto giusto. Anzi spesso e volentieri si emozionano, si commuovono semplicemente perché dico magari una frase, e non perché la vada a cercare del cilindro, queste mi vengono. Forse ho una buona profondità interiore e spesso e volentieri vado a toccare qualche taso, li faccio commuovere e li faccio emozionare. Questa è una storia anomala, la vita di un insuperabile che ruota intorno alla parola, quella detta ma soprattutto quella ascoltata. La sua voce l’avevo sentita molte volte, sempre a telefono e sempre per pochi secondi. Forse però non l’avevo mai ascoltata davvero. Ecco perché abbiamo deciso di fare uno strappo alla regola, di raccontare una tredicesima vita. Non per tirare le somme di un viaggio durato un anno quanto per condividere ciò che questo viaggio ci ha lasciato.
Questa è una storia anomala, la vita di un insuperabile che ruota intorno alla parola, quella detta ma soprattutto quella ascoltata. La sua voce l’avevo sentita molte volte, sempre a telefono e sempre per pochi secondi. Forse però non l’avevo mai ascoltata davvero.
Ecco perché abbiamo deciso di fare uno strappo alla regola, di raccontare una tredicesima vita. Non per tirare le somme di un viaggio durato un anno quanto per condividere ciò che questo viaggio ci ha lasciato.
Passo buona parte della mia giornata a svolgere un ruolo di supporto psicologico agli anziani. Ne ascolto oltre 300 a settimana, più di 300 a settimana, e la bellezza e la particolarità di questo servizio consiste nel riuscire ad entrare in empatia con i vari utenti con i quali nasce una sorta di amicizia telefonica. Ci sono persone che tu per 10-15 anni non vedrai mai ma conosci usi costumi e abitudini di ciascuno, dal nipote piccolino sino alla nonna, e diventi una persona di famiglia. Riesci ad entrare in empatia con gli utenti che addirittura aspettano proprio il giorno prefissato - il martedì o mercoledì - perché per loro è un momento di conversazione e di sfogo. Quindi ti raccontano dalle cose più futili alle sofferenze e alle problematiche. Diventi un po' per loro una sorta di confessore, di amico. Con molti, con alcuni, di questi siamo riusciti a incontrarci.
Persone che non vedrai mai… io credo profondamente nel potere dell’audio: figuriamoci, questo è un podcast e io non ho la minima idea di chi in questo momento mi stia ascoltando. Ma con Fabrizio è diverso. Dalla sua voce nascono amicizie e speranze ed ancora più bello perché lui pala, ascolta e poi non vede bene. Il suo campo visivo è ristretto a causa di un’asfissia che ha subito durante il parto. Pochi secondi durante i quali l’ossigeno non è arrivato al cervello causando anche dei disturbi motori. Difficoltà che lo hanno costretto sin da piccolissimo a un lungo percorso riabilitativo fatto di terapie e operazioni. A 4 anni il primo intervento: allungamento del tendine d’Achille bilateralmente, riporta la cartella clinica. A 6 quello per lo strabismo convergente e la sindrome a V.
io veramente ho vissuto la mia problematica con grande serenità e ho avuto difficolta'. Quindi rientro nelle persone con deficit, se vogliamo dirlo con disabilità. Ma io mentalmente non mi ci sono mai sentito, anzi addirittura con tutte queste difficoltà ho giocato a pallone, andavo per strada a giocare sull'asfalto e ho fatto tutto quello che hanno sempre fatto gli altri.
Eppure c’è una cosa che mi ha colpito.
Io la la televisione ha cominciato a vederla a nove dieci anni proprio perché avendo questo campo visivo ristretto, facevo molta fatica a guardare la televisione perché non riuscivo a riconoscere visi, forme. Io fino a nove dieci anni non ho mai visto cartoni animati o film. Caso strano, lo ricordo, il primo film che vidi in compagnia di mia madre fu Anna dei miracoli.
Anna, ve la ricordate? Abbiamo raccontato la storia dell’istruttrice che insegna a Helen a parlare. Forse è soolo un caso ma io ci vedo qualcosa in più perché anche Fabrizio, grazie ai suoi insegnanti, alla famiglia e ai suoi amici, un pezzo per volta, la sua normalità la conquista. A 10 anni impara a scrivere e dopo il diploma di terza media si iscrive prima presso la scuola per operatore turistico – agente viaggi (studiando quindi molta storia dell’arte) e poi si laurea in valorizzazione e promozione dei beni culturali.
Era una facoltà di lettere, di una banca di lettere e filosofia, nella quale si studia molta storia dell'arte e per farla ho dovuto studiare alle superiori con il video ingranditore per permettermi una lettura più fluida e più veloce; e all'università con fotocopie ingrandite e slide ingrandite del computer che mi permettessero quindi di acquisire ogni dettaglio dei vari quadri dei vari autori. E' un po' un paradosso, tutto questo chiaramente: di tante facoltà ho scelto proprio quella. Anche la completezza di una di una vita per una persona, per un essere umano, è quello di avere un ruolo nella società e io mi sono sempre detto da piccolino, da adolescente: ma io a quale pezzo di questa ruota della società apparterrò? però il rischio è stato molto alto, perché poi l'inserimento nel mondo del lavoro è stato molto complesso, perché quando si hanno difficoltà chiaramente sei poco appetibile per il mondo del lavoro, perché chiaramente di fronte alle difficoltà, spesso e volentieri la società si spaventa e proprio questa questa difficoltà nell'essere comunque credibile al cospetto della società mi ha portato poi anche a intraprendere lo studio universitario perché ho detto “io è vero le difficoltà ce l'ho, però cerco di acquisire più know how possibile al fine di diventare più credibile”. La costanza e il perseverare hanno fatto sì che raggiungessi un livello di normalità che è un po il filo conduttore della mia vita. Io a sette otto anni ho sempre capito come gli altri bambini ma non riuscivo a scrivere. Dicevo: ma io devo arrivare. E quindi questa cosa mi ha sempre mi ha sempre salvato.
Dopo la laurea, anzi contestualmente agli ultimi esami, Fabrizio nel 2005 viene assunto dal Consorzio Parsifal, il ruolo è quello di centralinista ma grazie alla sua buona dialettica e alle doti empatiche non ci mette molto ad essere impiegato anche nel servizio di telecontrollo e telesoccorso per gli anziani.
Arrivai come stagista nel duemila quattro ho fatto diversi mesi di formazione e poi sono stato assunto l'otto settembre del duemila cinque. Quando firmai questo contratto ci fu un momento di grande commozione a casa perché era una grande opportunità per per me e la realizzazione di un di un percorso che chiaramente partiva ben prima del settembre duemila cinque.
Fabrizio oggi è un punto di riferimento per tutte le persone, gli amici, che quotidianamente ascolta. Ma quasi come paradossale è la scelta di studiare storia dell’arte per un ragazzo che fatica a vedere, sembra scritto per contrappasso che le sue difficoltà oculomotorie abbiano lasciato come strascico proprio un problema di disorientamento spaziale.
Oggi, 2021, riesco a muovermi nelle zone, nei percorsi da me conosciuti, molto. Se dovessi andare in posti nuovi, affollati, ricchi di dettagli da carpire lì vado un pochino in difficoltà. Io nonostante avessi queste difficoltà anche a dodici, tredici, quattordici anni ho sempre voluto uscire con gli amici. Ma pochi hanno saputo questa difficoltà di disorientamento. Ovvero tu esci, tu sai di stare a Frosinone in via Madonna della neve però il percorso per arrivare tu non lo ricordi, non lo sai, ti scordi passaggi. Uscivo con gli amici, ma non l'ha mai saputo nessuno. Dicevano: Fabrizio ha un problema alle gambe, agli occhi va bene, ma non hanno mai pensato “Non si orienta”. Quindi pur di uscire con gli altri, uscivo negli anni ottanta e si andava su a Frosinone, sul corso, dove c’è la provincia e c' era tanta di quella gente che era facilissimo perdersi e io quindi sceglievo dal gruppo un elemento e pur di stare con loro - uscire - mi mettevo in marcatura. Nel senso: non devo perdere come punto di riferimento questa persona perché se la perdo indietro non so tornare. Per una persona che nasce con queste difficoltà, ad esempio visive, motorie, sopratutto del disorientamento spaziale, riuscire oggi a prendere un autobus e capire la differenza tra non riuscire a prenderlo e riuscire a farlo è bellissimo. Sembra una cosa banale, però quando poi nella vita, per tanto tempo non riesci a fare delle cose che sono ovvie in natura, ma tu lo devi fare, lo devi acquisire attraverso gli esercizi degli studi dei medici che ti danno una mano. Il provare a non riuscire a fare una cosa e poi riuscirci è meraviglioso.
Fabrizio quel ruolo nella società oggi l’ha trovato. Ha un lavoro e una famiglia, con una compagna che – nenanche a dirlo – ha conosciuto prima da una cornetta telefonica e solo poi di persona. Passa le sue giornate al telefono trasmettendo ai suoi amici parte del suo coraggio: non serve avere tutto a fuoco per essere felici.
Oggi mi rendo conto di aver fatto qualcosa di particolare, soprattutto rispetto a dove sono partito. Ma ho detto: io ho fatto tutte cose normalissime, per cui dov'è la straordinarietà? Stranamente io non la vedo perché per me era ovvio arrivare a questo, una volta raggiunto, dico “adesso ho raggiunto quello che era ovvio che raggiungessi forse qualche anno fa, l’ho raggiunto con un percorso diverso, ma l'ho raggiunto.” Per una persona che fa lotte normali, va a cercare qualcosa di più lontano, ma spesso e volentieri per vivere sereni, contenti e soddisfatti bisognerebbe poter apprezzare le piccole cose. Questo è per me normalità. Io ho sempre lottato non per cose stratosferiche. Ho sempre sognato, nelle mie preghiere serali, nelle mie battaglie, non chiedo la luna. Nella vita voglio la normalità.
Normalità… che bella parola. Ne abbiamo scomodate di più ingombranti nelle precedenti puntate ed è giusto così. Ogni viaggio è un po’ straordinario un po’ eccezionale. I viaggi ti cambiano… dicono. E questo, a me, un po’ ha cambiato davvero. Non il modo di essere, sia chiaro, quello è quasi impossibile e credo che al più possa essere una caratteristica di un viaggio tutto spirituale. Questi 12 mesi, a me, hanno cambiato un po’ il modo di guardare l’altro.
Mi hanno portato a guardare Fabrizio e a capire che non c’è bisogno di andare lontano per incontrare l’insuperabilità. Mi hanno portato a capire che ascoltare è più importante che parlare, che si può essere un punto di riferimento pur se si hanno diffocltà a orientarsi, che i lmiti si possono superare. Che ora sono pronto per ripartire o restare.
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