Gli insuperabili ep.8

Annette Kellerman

Un podcast prodotto dal consorzio Parsifal

Gli insuperabili ep.8 - Storia di Annette Kellerman

È domenica pomeriggio a Revere Beach, pochi chilometri a nord di Boston, il clima è perfetto per un bagno nell’oceano e centinaia di persone oziano bagnate dal sole. 

All’improvviso un grido squarcia la monotonia delle onde. No, non è un mostro marino ne tantomeno uno degli squali che abitualmente nuota non lontano dalla riva eppure i bambini vengono richiamati dai genitori che vogliono impedirgli la visione di quello spettacolo aberrante. Le parole intanto prendono forma: Shame, shame, shame on you che significa: vergogna, vergognati. Il chiacchiericcio sale come l’afa, le voci si accalcano come i corpi sotto gli ombrelloni e le dita di tutti sono puntate minacciosamente verso una ragazza che sta per entrare in acqua. Sembra innocente. È bellissima.

Attirati da quei rumori due gendarmi si precipitano sul luogo e accompagnati dal tintinnio delle manette già sfoderate si avvicinano decisi ad Annette. Lei ha il tempo di vederli arrivare e sceglie di non oppone resistenza così offre i suoi polsi nudi e si consegna al carcere.

“Cosa avrà mai fatto?” vi starete chiedendo. Per scoprirlo dobbiamo riavvolgere il nastro, fidarci dell’oceano e lasciarci andare.

Gli insuperabili ep.8 – Storia di Annette Kellerman

La corrente ci porta in un sobborgo di Sidney e Frederick Kellerman sta accompagnando sua figlia Annette ai bagni cavilli’s per la dodicesima lezione di nuoto di quella stagione. Lei è terrorizzata all’idea di dover nuotare ancora. L’oceano l’ha sempre attratta ma nuotare significa sfidare i propri limiti soprattutto se a impedire i movimenti ci sono quelle orribili aste di acciaio che le sorreggono le gambe a causa di una poliomielite contratta da neonata. E poi c’è la vergogna, tutti ti guardano, senti le dita e gli occhi puntati addosso e conosci il perché ma sono impietosi, subdoli e sfrontati. 

Annette prova a implorare il padre di evitarle quel calvario ma lui è inamovibile. Dopo decine di consulti medici l’unico dottore che aveva prospettato un barlume di speranza per ridare tono muscolare a quelle gambe gracili aveva suggerito di praticare il nuoto. Arrivano sulla spiaggia, un ultimo sguardo e lei entra in acqua lasciando alle spuma il compito di coprire il rumore dei ferri.

 

Annette in quei mesi non solo impara a nuotare ma dimostra la correttezza della tesi del suo dottore. L’imbracatura non è più necessaria, i suoi muscoli riprendono forza e ora possono sorreggerla autonomamente. Ma ancora più stupefacente è la leggerezza e la velocità con la quale si destreggia nell’acqua. Tra le onde si sente a casa. 

Così, come in un gioco di ruolo, le parti si invertono. Annette che ha 13 anni vuole continuare a confrontarsi con  i propri limiti sapendo che il peggio è alle spalle e così chiede a suo padre di iscriverla e accompagnarla alle competizioni di nuoto che si organizzano nel nuovo Galles del Sud. Lui è titubante, lei è pur sempre una bambina e poi anche la mamma di Annette è scettica e reticente. Ma alla determinazione di una ragazza adolescente non si comanda e così Annette partecipa e vince tutte le competizioni alle quali si iscrive. Per lei è indifferente che si tratti di brevi, lunghe distanze o addirittura tuffi. Nuota ovunque dai torrenti più pericolosi alle gelide acque delle miniere di Broker’s Hill, fa spettacoli circensi ricoperta di paillette e trionfa nei 100 yard tagliando la linea del traguardo in un minuto e otto secondi e poi stabilisce il record mondiale del miglio.

Il successo di Annette contagia tutta l’Australia e la consacra a divinità sportiva convertendo le paure del padre in fede assoluta. Ma il professionismo per una donna australiana a fine ‘800 non equivale ad agiatezza economica così Annette – come una sirena che ha imparato a camminare nuotando – nell’acqua trova il suo luogo e la terra – quella australiana – inizia a starle stretta. I confini di un’isola non le bastano e così sceglie di confrontarsi ancora con l’ignoto. Anche questa volta con suo padre c’è solo uno sguardo, di quelli senza parole come ai bagni di Cavilli anni prima, e così partono insieme: direzione Europa.

Nel vecchio continente Annette è costretta a ricominciare da zero. La povertà non le consente una vita agiata ma nuotare è ciò che le riesce meglio, così si rimmerge. Trasferitasi a Londra nuota nelle luride acque del Tamigi pur di trovare sostentamento, sfida chiunque le chieda un confronto e le prospetti una possibilità di guadagno. Nel 1906 sconfigge anche la baronessa Isa Cescu in una gara di 36 km nel Danubio. E poi continua a esibirsi negli spettacoli più vari. In cerca di una consacrazione definitiva è la prima donna a tentare la traversata dello stretto della manica a nuoto. Passa oltre 10 ore e mezzo in acqua ma non riesce a concludere l’impresa. Non ci riesce quella volta e neppure nei due tentativi che seguirono. “avevo la resistenza ma mi è mancata la forza bruta” dichiara una volta raggiunta la spiaggia sull’imbarcazione di soccorso.

L’Europa insomma non le offre molto se non la conferma che l’acqua è il suo mondo e l’enorme opportunità di conoscere il fallimento. E poi non c’è l’oceano così si imbarca ancora… Stati Uniti.

Negli States scopre il cinema e Hollywood scopre lei. Interpreta sempre ruoli legati al mondo marino: sirene, principesse e ninfe. Lo fa senza usare controfigure e così anche nelle scene durante le quali nuota in vasche piene di coccodrilli sono reali. Recita e nuota e con la sua attività, guadagna 1250 dollari a settimana. Le difficoltà economiche sono solo un ricordo. 

Pensate che a lei viene addirittura attribuita l’invenzione del nuoto sincronizzato.

Un giorno però, rimpiangendo la forza bruta che le era mancata durante il tentativo di attraversare lo stretto, assegna la colpa a quel goffo costume. Sì, il costume da bagno non è sempre esistito, soprattutto per le donne. A inizio secolo le signore andavano in spiaggia con indosso vestiti che arrivavano alle ginocchia con pantaloni a sbuffo fino al polpaccio, sotto i quali – ovviamente – indossare calze e scarpe. Non certo una mise da competizione. E così prende forbici e filo e si cuce per lo spettacolo del giorno successivo un costume a un pezzo unico simile a quelli utilizzati dagli uomini. Una sorta di tuta attillata con braccia e polpacci scoperti. A vederlo oggi strappa un sorriso. “Io voglio nuotare – dice Annette – e non posso farlo indossando più vestiti di quanti siano necessari per una sfilata di moda. È come nuotare in catene!”

Torniamo ora alla scena di apertura. Come è possibile che sia stata arrestata? 

È l’anno del lancio sul mercato della prima automobile di largo consumo, la mitica Ford-T, e dopo lo spettacolo Annette si reca in spiaggia indossando quel costume, si avvicina al bagno-asciuga e il resto lo conoscete già. Non fa niente eppure viene arrestata per oscenità. Sì, arrestata. L’accusa recita: è scandaloso mostrare tutta quelle pelle pubblicamente. 

Per sua fortuna, dopo una notte al fresco, il giudice sentenzia: “lei è una sportiva, nuoti pure come si sente più comoda ma per cortesia, si avvicini all’acqua perlomeno avvolta da un asciugamano.”

Annette dopo tutti gli avversari sconfitti decide di sfidare anche il perbenismo e il senso del pudore di un America bigotta e conservatrice con quel gesto che suscita scandalo ma dal quale ottiene anche un gran clamore mediatico. In tantissime infatti difendono la sua scelta e così il costume Kellerman si diffonde e prende il suo nome. Nel 1912, prime olimpiadi nelle quali il nuoto apre alle competizioni femminili, tutte le atlete si presentano indossando la sua creazione. Anche sulle spiagge di Boston, anni dopo, diventa una consuetudine ma i militari, armati di metro da sarta, misurano i centimetri di pelle scoperta di ogni bagnante donna che sceglie di indossarlo.

Non soddisfatta, ma ormai avete capito anche voi con chi abbiamo a che fare oggi, Annette sceglie di alzare la posta e così diventa la prima donna ad apparire nuda in un film è: la figlia degli dei. Lo fa per lanciare lo stesso messaggio di libertà.

Con il tempo e la celebrità le sue attività si estendono in ogni direzione. Diventa una guru del fitness, un punto di riferimento per migliaia di donne che trovano in lei la forza di non vergognarsi del proprio corpo. Vegetariana convinta apre un negozio di alimentari completamente Bio e scrive libri a tema marino per ogni età. 

Un professore di Harvard, tal Mr Dudley, la nomina “la donna perfetta”, perché trova delle straordinarie corrispondenze tra le misure del suo corpo e quelle della Venere di Milo. Annette replica: “Non voglio essere ricordata come un bel pesce.” La sua è una lotta temeraria che incita tutte le donne a trovare il proprio spazio nel mondo.  

Dopo una vita di battaglie, Muore a Gold Coast in Australia nel 1975  poche settimane dopo la dipartita di suo marito e suo manager dal 1912. Avevano trascorso insieme ogni singolo giorno degli precedenti 63 anni. Annette però viene restituita al mare. Le sue ceneri infatti vengono disperse nell’oceano lì dove il suo cuore aveva sempre battuto.

Forse servivano delle gambe forti o semplicemente una pinna da sirena per conquistare titoli e diritti che oggi diamo per scontati. Certo, fa ridere riguardare quel costume e pensare che in un’epoca non così lontana veniva considerato osceno ma io – onestamente – mi chiedo da quale parte del pudore sarei stato. Eppure Annette ci insegna che le rivoluzioni si muovono a piccoli passi, talvolta sorretti da imbracature d’acciaio o da un volto innocente. I cambiamenti sono idee forti e inarrestabili che sovvertono e talvolta scandalizzano, idee che ogni tanto nuotano.

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